Eternit

Quando si parla di eternit si fa riferimento a un marchio di fibrocemento registrato, che prende il nome dalla ditta che lo produce e che viene impiegato in ambito edilizio per la coibentazione di tubature o come materiale da copertura, sia in lastre ondulate che in lastre piane: in Italia la sua commercializzazione nella variante cemento – amianto si è conclusa nella prima metà degli anni Novanta.

Sin dagli anni Sessanta, però, in tutto il mondo è noto che la polvere di amianto utilizzata come materiale di fondo per i selciati o proveniente dall’usura dei tetti provoca il mesotelioma pleurico, una grave forma di cancro che ha un periodo di incubazione di circa trent’anni. È per questo motivo che l’eternit deve essere smaltito.

Come? Per prima cosa è necessario individuare nella lastra di fibrocemento la presenza di amianto: lo si può fare sottoponendo ad analisi una lastra intera o risalendo alla data di acquisto del materiale. Il costo di un’analisi in laboratorio, in genere, non è più alto di 200 euro, ma si tratta di una spesa che merita di essere sostenuta, visti i possibili rischi per la salute determinati dalla presenza di amianto.

Per quel che riguarda la bonifica, si può procedere in due modi, con l’incapsulamento o lo smaltimento, a seconda dei casi.

L’incapsulamento, in particolare, si presenta come un metodo di bonifica transitorio, in base al quale le lastre esposte ai fenomeni atmosferici vengono sottoposte a un trattamento in superficie con sostanze sintetiche che permettono di inglobare le fibre di amianto consolidandole al manufatto di cemento, in maniera tale da evitare che esse vengano rilasciate nell’ambiente.

La rimozione e lo smaltimento, invece, sono considerati metodi di bonifica radicale, e richiedono la messa in atto di procedure specifiche indispensabili per garantire la sicurezza dell’ambiente in cui si opera, delle persone che si trovano nelle vicinanze del cantiere e degli addetti che si occupano delle operazioni di rimozione e trasporto.

Occorre precisare che in Italia dal 1992 sono illegali la produzione e la lavorazione dell’amianto, ma non la vendita. La prima legge a occuparsi dei lavoratori e delle persone esposte ai pericoli dell’amianto è stata la numero 257 del 1992, che individuava le procedure e i termini per la dismissione delle attività che avevano a che fare con l’estrazione dell’asbesto e la sua lavorazione.

Tale legge, tra l’altro, all’articolo 13 prevedeva benefici per i lavoratori esposti per un periodo superiore ai dieci anni all’amianto, per coloro che avessero lavorato (a prescindere dalla quantità di tempo) in una miniera o in una cava di amianto e per i lavoratori che avessero contratto una malattia correlata al periodo di esposizione all’amianto.

I benefici consistevano principalmente in una rivalutazione contributiva della pensione pari al 50% per i periodi di lavoro durante i quali gli interessati erano stati esposti al minerale nocivo. Per il riconoscimento di questi benefici previdenziali, nel 1995 è stata individuata una procedura amministrativa per l’accertamento dei presupposti di legge che prevedeva l’intervento dell’Inail, che avrebbe dovuto accertare i rischi nello stabilimento del datore di lavoro.