Amianto, valori limite e protezione individuale
Quali sono i valori limite relativi all’amianto che la legislazione italiana prevede per gli ambienti di lavoro? L’articolo 24 del decreto legislativo 277 del 1991 impone che per il livello d’azione a cui scattano determinati obblighi il valore limite sia di 0,1 f/ml per la media giornaliera e di 0,5 f/ml per la media settimanale.
L’articolo 31 dello stesso decreto legislativo, poi, individua altri valori limite: quello di esposizione al crisotilo è di 0,6 f/ml (media giornaliera), mentre quello di esposizione alle miscele che contengono anfiboli e agli anfiboli è di 0,2 f/ml. Il valore limite per brevi esposizioni al crisotilo è di 3 f/ml (media su 15 minuti), mentre quello per brevi esposizioni alle miscele che contengono anfiboli e agli anfiboli è di 1 f/ml (media su 15 minuti).
Per quel che riguarda gli interventi di bonifica, invece, il DM Sanità del 6 settembre del 1994 individua come soglia di pre-allarme per il controllo esterno al cantiere di bonifica una semplice tendenza all’aumento; come soglia di allarme un valore limite di 50 f/l. Perché gli ambienti bonificati possano essere restituiti è indispensabile che il valore limite non superi i 2 f/l, mentre dopo un intervento di manutenzione che ha comportato la rimozione dell’amianto gli ambienti industriali possono essere restituiti a patto che il valore di concentrazione rilevato sia uguale a quello riscontrato prima dell’intervento (secondo quanto stabilito da una circolare del ministero della Sanità del 12 aprile del 1995).
I lavoratori che ancora oggi risultano esposti alle fibre di asbesto devono rispettare in maniera rigorosa le norme relative all’impiego dei dispositivi di protezione individuale: si tratta di tute di protezione, protettori delle vie respiratorie, guanti da lavoro e stivali di gomma (o copriscarpe). I lavoratori devono essere informati sui rischi da cui sono protetti grazie ai dispositivi di protezione individuale, e devono sottoporsi a un addestramento specifico.
La tuta deve possedere un cappuccio ed essere realizzata con un materiale che non trattiene le fibre; priva di tasche, deve essere a corpo intero e chiusa con elastici sia ai polsi che alle caviglie. Può trattarsi, quindi, di tuta in gore-tex, di tuta in cotone trattato con tessuto lavabile o di tuta in tyvek monouso. Quest’ultima non può essere lavata e costa poco, ma è poco resistente allo strappo ed è caratterizzata da una traspirazione ridotta; la tuta in cotone trattato, invece, può essere lavata, a patto che tale operazione venga effettuata in lavanderie autorizzate (assolutamente non in casa).
Per quel che riguarda i dispositivi di protezione delle vie aeree, essi possono essere isolanti o non isolanti. I primi vengono utilizzati in presenza di quantitativi di inquinamento ambientale molto significativi (vapori sopra le soglie di sicurezza, per esempio), e consentono a chi li utilizza di respirare aria che proviene da sorgenti pulite. I secondi, invece, filtrano l’aria con filtri che trattengono gli inquinanti. I dispositivi per le vie aeree, infine, possono essere a maschera facciale intera o a semimaschera: il loro impiego cambia a seconda della quantità di fibre di amianto presenti nell’aria.